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Le caratteristiche del bovino

Il termine bovino deriva dal Bos taurus primigenius, chiamato più comunemente uro, un bovino immenso dalle lunghe corna a lira e dall’atteggiamento selvatico e molto aggressivo, che ha condiviso il territorio europeo con i Neanderthal, dopo una lunga migrazione dall’Asia. È probabile vedere nelle pitture rupestri preistoriche una di queste creature, essendo la sua uccisione considerata come un atto di grande coraggio tra gli uomini primitivi. Dall’uro derivano tutte le razze bovine che conosciamo, compreso lo zebù e il bufalo. Gli incroci poi tra gli uro e selvatici e i primi soggetti addomesticati e riadattati al lavoro e alla produzione di latte hanno poi generato le diverse varianti morfologiche. 

 

L’uomo tentò a più riprese di allevare i bovini in modo specifico per ricavarne lavoro, carne o latte, in particolare in Francia ed Inghilterra. I risultati però furono molto diversi: in Francia si riuscì solo parzialmente nell’intento e nelle zone centrali del paese; i bovini furono indirizzati a soddisfare le esigenze produttive regionali di burro, latte e formaggi. In Inghilterra invece i risultati furono eccellenti e questo portò a delineare le identità di razza specifiche. 

 

Esiste comunque una distinzione tra bovini: esistono infatti quelli destinati alla produzione di latte, le cui carni alla griglia sono di qualità sporadicamente rilevante, bovini destinati alla riproduzione, per i quali l’allattamento viene limitato esclusivamente alla fase di svezzamento dei vitelli e che producono le carni migliori, e infine i bovini a impiego misto, con risultati più o meno discreti su entrambi i fronti. 

 

Il termine bovino deriva dal Bos taurus primigenius, chiamato più comunemente uro, un bovino immenso dalle lunghe corna a lira e dall’atteggiamento selvatico e molto aggressivo, che ha condiviso il territorio europeo con i Neanderthal, dopo una lunga migrazione dall’Asia. È probabile vedere nelle pitture rupestri preistoriche una di queste creature, essendo la sua uccisione considerata come un atto di grande coraggio tra gli uomini primitivi. Dall’uro derivano tutte le razze bovine che conosciamo, compreso lo zebù e il bufalo. Gli incroci poi tra gli uro e selvatici e i primi soggetti addomesticati e riadattati al lavoro e alla produzione di latte hanno poi generato le diverse varianti morfologiche. 

 

L’uomo tentò a più riprese di allevare i bovini in modo specifico per ricavarne lavoro, carne o latte, in particolare in Francia ed Inghilterra. I risultati però furono molto diversi: in Francia si riuscì solo parzialmente nell’intento e nelle zone centrali del paese; i bovini furono indirizzati a soddisfare le esigenze produttive regionali di burro, latte e formaggi. In Inghilterra invece i risultati furono eccellenti e questo portò a delineare le identità di razza specifiche. 

 

Esiste comunque una distinzione tra bovini: esistono infatti quelli destinati alla produzione di latte, le cui carni alla griglia sono di qualità sporadicamente rilevante, bovini destinati alla riproduzione, per i quali l’allattamento viene limitato esclusivamente alla fase di svezzamento dei vitelli e che producono le carni migliori, e infine i bovini a impiego misto, con risultati più o meno discreti su entrambi i fronti. 

 

Il bovino di Heck: Un bovino nazista

Nonostante fosse ormai estinto da secoli, l’uro è stato protagonista della Seconda Guerra Mondiale. Tra i tanti progetti folli alla base dei principi ariani di selezione genetica che hanno poi portato agli stermini nei campi di concentramento, c’è stato il tentativo di recupero dell’uro partendo dai suoi eredi genetici più prossimi. Il progetto è stato commissionato dai vertici nazisti nel tentativo di dimostrare che fosse possibile ricreare una razza pura partendo da soggetti cromosomicamente “imbastarditi”. I risultati ottenuti durante una decina di anni di tentativi di incrocio tra tori da combattimento spagnoli, Highlander scozzesi e Podoliche ungheresi furono abbastanza deludenti e il progetto fu accantonato. Ciò che si ottenne fu una nuova razza, ribattezzata “bovino di Heck”, dal nome del suo creatore, dal carattere indomito e ritroso alla vita da allevamento, di cui esiste tutt’oggi un branco, che vive allo stato brado in Olanda. 


L’età del bovino e la qualità della carne

L’età del bovino gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della qualità della carne. A seconda dell’età, della dieta e del trattamento ricevuto, la carne di bovino può essere più o meno adatta a certi tipi di cottura e preparazione. Vediamo le principali fasi dell’età del bovino.

 

Vitello (fino a 8 mesi)

La razza del bovino che noi chiamiamo manzo è il Bos taurus, discendente diretto dell’uro. Il cucciolo del manzo è il vitello, indioendentemente dal sesso, il bovino di età inferiore agli 8 mesi di vita. La sua carne è molto tenera, decisamente magra ma molto povera di sapore e presenta un colore piuttosto pallido. Curioso sottolineare come il più grande consumatore di carne di vitello in Europa sia l’Italia che, assieme alla Francia, acquista quasi il 70% della produzione comunitaria. Le incessanti pressioni da parte del nostro mercato italiano per avere una carne sempre più magra, tenera e chiara, hanno portato i produttori a non procedere con lo svezzamento, proseguendo l’alimentazione a latte in polvere per tutta la vita del vitello, che non per niente viene chiamato vitello da latte. La carne di vitello è poco adatta a ricavarne bistecche perché dona risultati piuttosto mediocri, poveri di sapore, con molta acqua e tendenti allo stopposo a causa della loro eccessiva magrezza.

 

Vitellone (fino a 18-24 mesi)

Una volta che il vitello ha perso i denti da latte, fino ai 18 o 24 mesi di età acquisisce la denominazione di vitellone. Se destinato alla produzione di carne, negli allevamenti meno qualitativi riceve una iperalimentazione che gli fa acquisire massa molto velocemente. Si tratta della carne più presente sui banchi delle macellerie, in particolare per i tagli destinati ai brasati o bolliti. La carne di vitellone ha una consistenza di sapori in modo tale da dare buoni risultati nella cottura in griglia. Il maschio che non viene castrato è generalmente conosciuto come toro. 


Manzo (fino a 48 mesi)

Se castrato precocemente invece, per fargli accumulare il prima possibile grasso e massa, una volta raggiunta un’età compresa tra i 24 mesi e i 48 mesi, diventa manzo vero e proprio. rispetto alla carne del vitellone la sua carne è più marezzata e saporita, ricca di ferro e di colore rosso intenso. È la carne principe della cottura in griglia ma è in grado di produrre risultati eccellenti anche nelle cotture lente. 

 

Bue (oltre i 48 mesi)

Il maschio castrato invece che supera i 48 mesi di età prende il nome di bue. La sua carne è scura, estremamente saporita e ricca, eccezionale per cotture lente come gli stracotti oppure i bolliti, mentre in griglia tende ad una consistenza più coriacea rispetto al manzo, sebbene esistano particolari eccezioni come il bue grasso di Carrù. 

 

La femmina: Da vitella a vacca

Per quanto riguarda gli esemplari di femmina invece, il vitello femmina fino ai 18 mesi di età che non è stato ingravidato è la famosa scottona. Il nome deriva dall’abitudine di macellarla durante i giorni di calore. La sua carne è di un rosso meno acceso rispetto a quella del vitellone e leggermente più grassa, tenera e saporita. La scottona è considerata ideale per la cottura in griglia, perché più facile da gestire tecnicamente: ha un’intensità di gusto superiore a quella del vitellone ma si disidrata più facilmente ed è leggermente più tenera rispetto al manzo. 

Dopo i 18 mesi di età la vitella diventa manza oppure vacca. Se l’invecchiamento della vacca da latte è fatta ad hoc, si può tenere la tenerezza di una scottona ma con intensi sapori in bocca, virando così dal dolce al sapido. È il caso della vecchia vecia galiziana.

Quando si sceglie la carne bovina, è importante conoscere le caratteristiche dell’animale e l’età del bovino da cui proviene. La qualità della carne dipende non solo dalla razza, ma anche da come l’animale è stato allevato e dalla sua età al momento della macellazione. Conoscere queste differenze ti permetterà di fare scelte più consapevoli e ottenere il massimo dal tuo acquisto.

Nonostante fosse ormai estinto da secoli, l’uro è stato protagonista della Seconda Guerra Mondiale. Tra i tanti progetti folli alla base dei principi ariani di selezione genetica che hanno poi portato agli stermini nei campi di concentramento, c’è stato il tentativo di recupero dell’uro partendo dai suoi eredi genetici più prossimi. Il progetto è stato commissionato dai vertici nazisti nel tentativo di dimostrare che fosse possibile ricreare una razza pura partendo da soggetti cromosomicamente “imbastarditi”. I risultati ottenuti durante una decina di anni di tentativi di incrocio tra tori da combattimento spagnoli, Highlander scozzesi e Podoliche ungheresi furono abbastanza deludenti e il progetto fu accantonato. Ciò che si ottenne fu una nuova razza, ribattezzata “bovino di Heck”, dal nome del suo creatore, dal carattere indomito e ritroso alla vita da allevamento, di cui esiste tutt’oggi un branco, che vive allo stato brado in Olanda. 

 

L’età del bovino e la qualità della carne 

L’età del bovino gioca un ruolo fondamentale nella determinazione della qualità della carne. A seconda dell’età, della dieta e del trattamento ricevuto, la carne di bovino può essere più o meno adatta a certi tipi di cottura e preparazione. Vediamo le principali fasi dell’età del bovino.

 

Vitello (fino a 8 mesi) 

La razza del bovino che noi chiamiamo manzo è il Bos taurus, discendente diretto dell’uro. Il cucciolo del manzo è il vitello, indioendentemente dal sesso, il bovino di età inferiore agli 8 mesi di vita. La sua carne è molto tenera, decisamente magra ma molto povera di sapore e presenta un colore piuttosto pallido. Curioso sottolineare come il più grande consumatore di carne di vitello in Europa sia l’Italia che, assieme alla Francia, acquista quasi il 70% della produzione comunitaria. Le incessanti pressioni da parte del nostro mercato italiano per avere una carne sempre più magra, tenera e chiara, hanno portato i produttori a non procedere con lo svezzamento, proseguendo l’alimentazione a latte in polvere per tutta la vita del vitello, che non per niente viene chiamato vitello da latte. La carne di vitello è poco adatta a ricavarne bistecche perché dona risultati piuttosto mediocri, poveri di sapore, con molta acqua e tendenti allo stopposo a causa della loro eccessiva magrezza.

 

 Vitellone (fino a 18-24 mesi)

Una volta che il vitello ha perso i denti da latte, fino ai 18 o 24 mesi di età acquisisce la denominazione di vitellone. Se destinato alla produzione di carne, negli allevamenti meno qualitativi riceve una iperalimentazione che gli fa acquisire massa molto velocemente. Si tratta della carne più presente sui banchi delle macellerie, in particolare per i tagli destinati ai brasati o bolliti. La carne di vitellone ha una consistenza di sapori in modo tale da dare buoni risultati nella cottura in griglia. Il maschio che non viene castrato è generalmente conosciuto come toro. 

 

Manzo (fino a 48 mesi) 

Se castrato precocemente invece, per fargli accumulare il prima possibile grasso e massa, una volta raggiunta un’età compresa tra i 24 mesi e i 48 mesi, diventa manzo vero e proprio. rispetto alla carne del vitellone la sua carne è più marezzata e saporita, ricca di ferro e di colore rosso intenso. È la carne principe della cottura in griglia ma è in grado di produrre risultati eccellenti anche nelle cotture lente. 

 

Bue (oltre i 48 mesi)

Il maschio castrato invece che supera i 48 mesi di età prende il nome di bue. La sua carne è scura, estremamente saporita e ricca, eccezionale per cotture lente come gli stracotti oppure i bolliti, mentre in griglia tende ad una consistenza più coriacea rispetto al manzo, sebbene esistano particolari eccezioni come il bue grasso di Carrù. 

 

La femmina: Da vitella a vacca 

Per quanto riguarda gli esemplari di femmina invece, il vitello femmina fino ai 18 mesi di età che non è stato ingravidato è la famosa scottona. Il nome deriva dall’abitudine di macellarla durante i giorni di calore. La sua carne è di un rosso meno acceso rispetto a quella del vitellone e leggermente più grassa, tenera e saporita. La scottona è considerata ideale per la cottura in griglia, perché più facile da gestire tecnicamente: ha un’intensità di gusto superiore a quella del vitellone ma si disidrata più facilmente ed è leggermente più tenera rispetto al manzo. 

Dopo i 18 mesi di età la vitella diventa manza oppure vacca. Se l’invecchiamento della vacca da latte è fatta ad hoc, si può tenere la tenerezza di una scottona ma con intensi sapori in bocca, virando così dal dolce al sapido. È il caso della vecchia vecia galiziana.

Quando si sceglie la carne bovina, è importante conoscere le caratteristiche dell’animale e l’età del bovino da cui proviene. La qualità della carne dipende non solo dalla razza, ma anche da come l’animale è stato allevato e dalla sua età al momento della macellazione. Conoscere queste differenze ti permetterà di fare scelte più consapevoli e ottenere il massimo dal tuo acquisto.

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